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venerdì 20 aprile 2012

CIVITELLA DEL TRONTO

Altra possibile meta per il ponte del 25 aprile/1° maggio.

Civitella del Tronto, tra i borghi più belli d'Italia, è un comune di 5.432 abitanti a soli 15 km a nord dalla città di Teramo, appartenente alla Comunità montana della Laga.
Situata su una rupe con splendide vedute della Montagna dei Fiori, Campli, del Monte Ascensione e persino del Mare Adriatico.
Per questa strategia posizione la città divenne un baluardo militare, sede di una fortezza, che con i suoi 25.000 metri quadrati di superficie, e 500 metri di lunghezza, rappresenta ancora oggi una delle opere d'ingegneria militare più importanti d'Italia.
La Fortezza di Civitella del Tronto, così come la vediamo oggi, fu fatta costruire a partire dal 1559 sotto il regno di Filippo II di Spagna, che demolì le precedenti fortificazioni angioine ed aragonesi, facendo erigere mura di cinta più spesse ed inclinate, capaci di resistere agli attacchi dei cannoni.
Abbandonata per più di 100 anni, è tornata all'antico splendore dopo lunghi lavori di restauro, iniziati negli anni settanta ed ultimati nel 1983, sotto la supervisione della Soprintendenza BAASS dell’Aquila.
All'interno della Fortezza, un'incantevole susseguirsi di stradine, case in pietra e scalinate, si alterna oggi a deliziosi caffè e rinomati ristoranti. Tra i vicoli, spesso ciechi, la “Ruetta, dell'Italia la via più stretta”, un angusto passaggio strategico per i militari che volevano seminare i nemici.




Dopo aver percorso il secondo camminamento coperto, si giunge nella prima piazza del Forte, chiamata del Cavaliere, e utilizzata come piazzale per l’addestramento delle truppe.
Sull'acropoli, il punto più alto della Fortezza a 650 mt. s.l.m., s'incontra l'ultima e la più vasta piazza, la “Gran Piazza”, dove risiedeva il fulcro del comando militare e politico, il Governatore spagnolo con la sua famiglia.
Il Palazzo del Governatore, inaugurato nel 1574, era un enorme edificio a due piani, con un proprio panificio, una propria cisterna e propri magazzini viveri. A memoria di questa importante figura, si svolge in agosto, “La cena del Governatore”, una rivisitazione storica con menu tipico e spettacoli in costume che fanno rivivere l'atmosfera e i fasti del tempo.
Due sono le prove principali dell'impronta spagnola nell'architettura della fortezza: la prima, la presenza di ben 5 cisterne per la raccolta e la purificazione dell'acqua, costruite sul modello di quelle presenti in Spagna. Tutte le vie della fortezza, inoltre, erano state pavimentate, proprio per favorire il flusso dell'acqua nelle aree di raccolta.
La seconda prova, è la stretta vicinanza dei luoghi di potere militare e politico ai luoghi di culto religiosi, come la cappellina di S. Barbara, di lato alla caserma, e la più importante Chiesa di S. Giacomo, vicina al Palazzo del Governatore. Questa Chiesa, aperta nel 1604, fungeva anche come luogo di sepoltura dei militari morti in servizio, così come segnalano le croci sul pavimento in prossimità delle fossi comuni ancora oggi visibili nei pressi dell'altare.
Di grande bellezza è la Chiesa di San Lorenzo Martire, che nel 1557 dopo l’ennesimo assedio alla roccaforte, venne distrutta e ricostruita senza badare a spese, in prossimità di Porta Napoli. A dispetto dell'aspetto esterno, l'interno è ricco in decorazioni e prezioso nell'arredamento e conserva la croce e la statua bronzea di Sant’Ubaldo, che reca in mano una miniatura di Civitella.
Negli spazi che anticamente servivano come mense, cucine, e "Gran Magazzino dell’Artiglieria", è oggi ospitato il Museo di Civitella del Tronto, inaugurato nel 1988, che vanta una ricca collezione di armi, divise e documenti del periodo borbonico.

Nei dintorni.
Numerosi sono gli itinerari religiosi e naturalistici: l' Abbazia di Montesanto, il santuario di S.Maria dei Lumi, le Grotte di Sant’Angelo e Salomone, le Gole del Salinello, dove è possibile incontrare l’aquila reale, lo sparviero, il falco pellegrino, il gheppio, e il picchio muraiolo.

Gastronomia: i “maccheroni al ceppo” (tipo di pasta fatta in casa, arrotolata intorno ad un bastoncino detto “ceppo”), celebrati durante “la sagra delle ceppe” che si tiene in luglio; il “filetto alla Borbonica” (piatto storico composto da una fetta di pane, una spessa fetta di carne, mozzarella e acciughe, insaporito dalla marsala); lo “spezzatino alla Franceschiello” (pollo, agnello, salsa, piccante, sottaceti e vino bianco).

Come arrivare: dalla SS81 Teramo-Ascoli Piceno, prendere uno dei tre bivi per Civitella Del Tronto; si sale all'abitato in meno di dieci minuti. Dalla SS16 Adriatica, all'altezza del confine tra Giulianova e Tortoreto Lido, prendere la provinciale che risale la valle del fiume Salinello; seguire questa strada e le indicazioni per Civitella. Sempre dalla SS16, all'altezza del confine tra i comuni di Alba Adriatica e Martinsicuro, prendere la provinciale che risale la valle del Vibrata e seguire le indicazioni per Civitella.
La Chiesa di San Lorenzo Martire
Le Gole del Salinello
Le mura della fortezza
Il museo delle armi

Liberamente tratto da "abruzzopedia.it"

BUONA VISITA!!!

giovedì 19 aprile 2012

FUORI TEMA!!!

Accolgo l'invito di Gioia, la blog-amica di "Che bello scrivere" e rispondo a queste divertenti domande...

1) Qual è la tua rivista di moda preferita?

Ne leggo diverse che vanno da Vanity fair a Myself, dal National geografic a Focus ..da Dove a Turisti per caso...a tanti altri, insomma di tutto un pò!

2) Chi è il tuo cantante/band preferito?

Senza dubbio Michael Bublè ... e un pò tutta la musica in generale ... ho sempre la radio accesa a lavoro!!!

3) Qual è la tua YouTube Guru preferita?

Passoooooooooo!!!! :-))))


4) Qual è il tuo prodotto makeup preferito?

Tutto ciò che riguarda il trucco degli occhi.

5) Dove ti piacerebbe vivere?

Senza dubbio ... New York ... ma se proprio dovesse essere troppo lontano ... Roma... sì, senza alcuna ombra di dubbio, roma!!!

 
6) Qual è il tuo film preferito?

 
Bella domanda! Me ne piacciono talmente tanti ... Non so sceglierei ... Il diavolo veste prada, Piccole donne (quello del 1957, con la giovane Liz Taylor), The Christmas carol e  ................................

7) Quante paia di scarpe possiedi?
 
Abbastanza, ma non troppe ... ho poco spazio in casa!!! 
8) Qual è il tuo colore preferito?
Ultimamente giallo e arancione ... ma ciclicamente cambio idea!!! 
 
Ciaoooooooooo!!!

lunedì 16 aprile 2012

L'AQUILA ... TRA STORIA E MISTERO ... I TEMPLARI

In vista del ponte del 25 aprile desidero proporvi qualche interessante itinerario. Quello di oggi ci porta ad esporare il mistero dei templari. A tal proposito ho trovato questo interessante articolo sul web, particolarmente esaustivo sull'argomento...

Tratto dal sito web: www.abruzzopedia.com.


Il segreto dei Templari nascosto a l’Aquila?
E' questa una delle leggende che più spesso ritornano nel racconto della storia della città e dei suoi monumenti, indissolubilmente legata alla vita e alle opere di Celestino V, il Papa della Perdonanza che proprio a l'Aquila scelse di essere incoronato. Chissà se in occasione del terribile sisma che ha colpito la città ed i suoi abitanti, non si scopriranno conferme o smentite di questa leggenda, o se le tracce di questo passato misterioso non andranno perse per sempre.
Testimonianze templari a l'Aquila
Dopo la prima Crociata (1096), molti dei cavalieri tornarono in Europa, lasciando la Terra Santa nelle mani dei predoni. Nel 1099 Ugo di Payns, originario della cittadina francese di Champagne, insieme al suo compagno d'armi Goffredo di Saint-Omer e ad altri sette cavalieri raggiunsero Gerusalemme divenendo custodi del Sepolcro di Gesù, e dando inizio ad uno dei più antichi ordini religiosi cavarellereschi cristiani, quello dei Pauperes commilitones Christi templique Salomonis (Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone), meglio noti come Cavalieri templari o semplicemente Templari.
Ma il vero compito di questi uomini andava ben oltre la protezione dei pellegrini europei giunti in Terra Santa, essi infatti si dedicarono alla ricerca dei tesori del Tempio di Gerusalemme, reliquie dai poteri immensi, andate perdute nel corso dei secoli. E’ in questo modo che i Templari entrarono in possesso di oggetti e documenti importanti, che si impegnarono a custodire e tramandare in segreto.
La leggenda racconta che i Templari nascosero parti dei loro tesori in vari luoghi segreti, alcuni dei quali si trovano in Italia. E proprio a l’Aquila, diverse sarebbero le tracce del passaggio e della presenza dei Templari.
A Fossa, a pochi km da l’Aquila, si trova la chiesa di S. Maria Ad Criptas del XIII sec. i cui affreschi presentano molti riferimenti ai “tesori” e ai misteri in mano all’ordine cavalleresco. Nella sequenza pittorica della Flagellazione, la Crocefissione e la Deposizione di Gesù, è infatti raffigurata la Sacra Sindone, una delle reliquie sicuramente custodite dai Templari in quegli anni. Nella scena della Flagellazione inoltre, si vede un Gesù molto alto, più alto rispetto ai suoi contemporanei, così come sarebbe indicato dalle tracce presenti sulla Sacra Sindone. Allo stesso modo, nella Crocefissione il corpo di Gesù rispecchia perfettamente, nell’allineamento e nella postura, quello rappresentato nella Sacra Sindone. Infine, nella Deposizione di Gesù, colpiscono la posizione della testa, e ancor più quella del pollice piegato, che sembra proprio rispecchiare quella dell’impronta sindonica.
Sembrerebbe quindi che colui che ha dipinto questi affreschi abbia avuto modo di vedere la Sacra Sindone.
Ma non è tutto. In un altro affresco, vicino il tetto della chiesa, le vesti di San Giorgio e San Martino sono quelle tipiche dei Templari, dai colori bianco e rosso.
Le analogie tra l'Aquila e Gerusalemme: la pianta delle due città e il numero 99
L’Aquila sarebbe stata costruita nel 1200 sulla stessa pianta di Gerusalemme, la città in cui si trovava il Tempio di Re Salomone, custode di un immenso tesoro.
Due città uguali costruite per tramandare e proteggere un segreto simile, lo stesso tesoro?
Molte le analogie, come evidenziano studi recenti pubblicati da Luca Ceccarelli e Paolo Cautilli.
Le due città sorgono su colline, l’Aquila a 721 m. s.l.m., Gerusalemme a 750 m. s.l.m.
Ponendo a confronto le mappe del centro storico delle due città, si ottiene una sovrapposizione alquanto precisa, che vede corrispondere il Sud de l’Aquila al Nord di Gerusalemme.
Sin dall’epoca dei romani, Gerusalemme era divisa in quattro quartieri che oggi sono quello cristiano, quello musulmano, quello ebraico e quello armeno. Anche l’Aquila è divisa in quattro quarti, una divisione del tutto originale per le città dell’epoca.
La disposizione dei rispettivi fiumi, Cedron e Alterno, che fiancheggiano le due città sembra identica.
Molte anche le similitudini tra due importanti costruzioni: la piscina di Silo a Gerusalemme, e la fontana delle 99 cannelle, entrambe opere di ingegneria idraulica adiacenti ad una porta muraria costruite nella parte più bassa della città.
Lo stesso numero 99 che così tante volte ricorre nella storia de l'Aquila, è ricco di rimandi al mondo cristiano e alla città di Gerusalemme.
99 sono le lampade ad olio che bruciano ininterrottamente, notte e giorno, nelle grotte vaticane dove sono ospitate le tombe dei Papi.
9 erano i Templari che scavarono per 9 anni nel Tempio di Salomone.
E la stanza segreta in cui si supponeva fosse l’Arca dell’Alleanza misurava 9 x 9 m.
L’ordine dei Templari fu istituito nel 1099.
99.16 è il numero delle lunazioni che si verificano nel corso di 8 anni alla latitudine de l’Aquila.
Le coordinate geografiche della città sono: latitudine 42”21’ (la cui somma 4+2+2+1= 9), longitudine 13”23’ (somma 1+3+2+3= 9).
Gerusalemme ha come numero 66, il valore numerico corrispondente alla parola Dio. L’Aquila, è la sua copia occidentale, progettata con i punti cardinali topograficamente invertiti, così come invertendo 66 si ha 99.
Sempre nella topografia delle due città si osservano delle corrispondenze davvero singolari: il Monte del Tempio a Nord di Gerusalemme rispecchia la posizione a Sud della Chiesa di Santa Giusta a l’Aquila, così come speculari sono le collocazioni dell'aquilana Basilica di Collemaggio voluta e costruita da Celestino V e del Monte degli Ulivi di Gerusalemme.
Papa Celestino V e l'edificazione della Basilica di S.Maria di Collemaggio
Il 4 aprile del 1292 moriva Papa Niccolò IV, in un periodo di forte crisi della Chiesa a causa del nepotismo e della simonia (la vendita delle cariche ecclesiastiche), tanto che passarono più di due anni per la nomina del nuovo Papa. La scelta cadde su Pietro da Morrone, che il 5 luglio 1294 fu incoronato Papa Celestino V, all’età di 74 anni. Per molti, le ragioni che portarono alla sua elezione erano legate proprio alla veneranda età del Pontefice, e alla sua presunta malleabilità, caratteristica che però fu presto smentita dalle sue scelte e dalla fermezza delle sue decisioni.
Ma cosa lega Papa Celestino V al cosiddetto “mistero” dei Templari?
Nato vicino ad Isernia, nel 1210, Pietro da Morrone – futuro Papa Celestino V - entra giovanissimo in convento. Divenuto frate benedettino, si rifugia presto sul Morrone per vivere da eremita e fondare la Congregazione dei poveri eremiti morronesi.
Nel 1274 per difendere la sua Congregazione dallo scioglimento, decide di andare fino a Lione dove sta per svolgersi il Concilio voluto da Papa Gregorio X. Un viaggio duro, 1000 km in pieno inverno, che forgia e segna per sempre la sua vita. E' qui infatti che Pietro da Morrone incontra i Templari, soggiornando per due mesi in una loro maggione che poi diverrà convento celestiniano. Sotto lo stesso tetto, c'era il gran maestro Giacomo di Bejau.
Probabilmente furono gli stessi Cavalieri Templari ad introdurre Pietro da Morrone al Papa Gregorio X che rimase così ammaliato dalla spiritualità dell'eremita da concedergli la Bolla di conferma dell'Ordine 46 giorni prima che il Concilio iniziasse.
E sembra che fu proprio in quest'occasione che i Templari strinsero un forte rapporto di fiducia con il futuro Papa Celestino V, un rapporto tale che li convinse ad affidare a lui la custodia di un tesoro unico per il quale un tempo era stata costruita persino una città.
Durante il suo rientro da Lione, lo stesso Pietro da Morrone racconta di aver incontrato un cavaliere, un angelo che lo avrebbe protetto. In un raro affresco, interdetto al pubblico nella Basilica di Collemaggio, compaiono proprio Celestino e l'angelo, con uno stemma, la croce rossa dei Templari.
Sulla via del ritorno dalla Francia, nel luglio 1274 Pietro si ferma a l'Aquila.
Durante un sonno ristoratore racconta di aver visto La Madonna la quale, in segno di riconoscimento per le grazie ricevute a Lione, gli chiede di costruire, proprio lì a l'Aquila, un Santuario a lei dedicato.
Pietro contatta allora subito il vescovo de l'Aquila, Niccolò da Sinistro per la costruzione di un monastero e di un imponente abbazia. Forse il sogno della Madonna è solo una leggenda, ma sta di fatto che in poco tempo Pietro trova le risorse e i progetti per edificare la propria basilica.
Nell'agosto 1288, la Chiesa di S. Maria in Collemaggio è consacrata, fatto straordinario se si pensa che sia stato un'eremita senza esperienza a guidare la realizzazione di un'opera così maestosa.
E' per questo motivo che molti credono che siano stati i Templari ad intervenire con i loro maestri d'opera e le loro conoscenze. Sembra infatti che essi avessero rinvenuto, nelle rovine del tempio di Gerusalemme, documenti relativi alle leggi divine dei numeri, dei pesi e delle misure, che avrebbero fornito solo ai fidati maestri costruttori di cattedrali.
Le cattedrali gotiche, che iniziarono a fiorire proprio nel 1128, l'anno di ufficializzazione dell'Ordine dei Templari, rappresentano dei veri e propri libri di pietra, ricchi di simboli, codici e conoscenze che solo agli iniziati è dato di comprendere.
L’influenza templare è d'altronde chiara e visibile nella basilica: nelle forme ottagonali che ricorrono e nei suoi due colori, espressione del dualismo cosmico rappresentato dai due cavalieri su un solo cavallo del loro sigillo.
L'elezione di Papa Celestino V
Nel 1293 Frà Pietro si ritira sull’eremo di Sant'Onofrio sperando di vivere in solitudine. L’anno seguente però, viene raggiunto da Carlo d'Angio’ re di Napoli, preoccupato per la situazione di stallo della Chiesa che da due anni mancava di eleggere un nuovo Papa. Su richiesta del re, Pietro scrive allora una lettera di esortazione ai padri conciliari che il 5 luglio 1294 lo eleggono Capo della Chiesa Cattolica.
Il 22 luglio, la notizia raggiunge l'interessato che, si racconta, manifesta come prima reazione l'istinto di fuggire, e solo dopo una lunga meditazione in preghiera decide di accettare la nomina a Papa Celestino V, scegliendo però di non recarsi mai a Roma.
Il 24 luglio parte dall'abbazia di Santo Spirito, a cavallo di un asinello, accompagnato dal re di Napoli e da suo figlio Carlo Martello, re d'Ungheria, per giungere dopo 3 giorni a l'Aquila dove, sul piazzale della Basilica di Collemaggio, viene incoronato Papa.
Come primo atto, istituisce la Perdonanza ossia la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dei peccati: chiunque si sarebbe recato nella Basilica di Collemaggio in agosto, dai vespri del 28 al 29 giorno della sua elezione, avrebbe ricevuto il perdono dei peccati.
Ma Celestino, che non era affatto ingenuo, affida la bolla del Perdono alle autorità comunali sottraendola all'autorità ecclesiastica, tanto che ancora oggi è il sindaco della città a doverla leggere.
Sulla scia della Perdonanza celestiniana, il suo successore, Papa Bonifacio VIII, istituirà il primo Giubileo della storia.
Si dice che vivesse più da eremita che da Papa, lasciando il governo della Chiesa ad un collegio di tre cardinali, ma in realtà nei suoi 4 mesi di papato tenta di attuare profonde riforme nella Chiesa cattolica facendo una serie di azioni a tutela degli ordini che vivevano secondo il Vangelo (come i francescani, fino ad allora mal visti dalla Chiesa) e ripristinando le rigide leggi di Gregorio X per l'elezione del Pontefice, soprattutto per quanto riguarda la morte del Papa, e la rinuncia spontanea dell'Ufficio. Che sia stato questo un preludio alla sua futura decisione?
Il 13 dicembre 1294, Celestino fa atto di rinuncia delle vesti papali, per tornare ad indossare il suo saio da eremita.
Per molti, come scrisse lo stesso Dante per viltade fece il gran rifiuto, ma per molti altri invece, Frà Pietro aveva un compito più importante dello stesso papato.
Appena 3 giorni prima, il 10 era stato completato il trasporto della casa di Maria a Loreto, e per alcuni, la Basilica di Collemaggio, faceva parte di uno stesso disegno: la costruzione di cassaforti di pietra a custodia dei tesori dei Templari.
Lasciato il papato, Celestino V torna sul Morrone, dove pero’ è costretto prima a nascondersi e poi a fuggire, per sottrarsi agli ordini del nuovo Papa Bonifacio VIII che lo manda al confino nella rocca di Fumone, in una piccola cella, sottoposto ad una carcerazione terribilmente dura.
E il 19 maggio del 1296 quando il vecchio Papa eremita muore, per cause ancora sconosciute, per venire poi sepolto nella Basilica di Collemaggio.
L'ipotesi dell'assassinio del Papa, denunciata dall’Abate Generale della Congregazione dei Celestini nel 1630, rimane ancora oggi dubbia, sebbene rinnegata dalla Chiesa.
Ad aggiungere mistero nel 1988, la trafugazione delle spoglie di Celestino che per circa 24 ore furono in balia di sconosciuti che le fecero ritrovare nel cimitero di Rocca Passa, in provincia di Rieti.
Altro episodio oscuro, fu la ricognizione chimico-tossicologica dei resti subito dopo disposta dalle autorità ecclesiastiche, di cui però non rimane traccia, come ha ammesso anche il vescovo dell’Aquila.
Recenti scavi, hanno scoperto delle mura nel piano inferiore della Basilica, che testimonierebbero la presenza di stanze sotterranee segrete, in cui sarebbero custodite preziose reliquie: una spina della corona di Gesù, e l'indice della mano destra di San Giovanni Battista.
A conferma, il documento Schiffman del 1775 che elenca le reliquie in mano ai Templari, pone al primo posto, come massima reliquia della Cristianità, l'indice della mano destra di San Giovanni Battista, donata all'ordine dei Templari da Re Baldovino di Gerusalemme.
Per riassumere, nel 1274 Gregorio X indice il Consilio per ridurre gli ordini e i Templari temono l'unificazione con gli Ospedalieri. Nel 1307 Filippo il Bello cancella i Templari, accusandoli di eresia attraverso un processo pilotato. I Templari, consapevoli del pericolo, avrebbero affidato a Celestino V le loro preziose reliquie, che sarebbero poi state custodite in una città fortezza come l'Aquila.
É per questa ragione, che Celestino avrebbe abbandonato il Papato, per occuparsi di una missione per lui ancora più importante. Ma quale sarebbe questo segreto?
Forse il mitico tesoro del Tempio del Re Salomone...
non ci sono tracce certe, ma solo una chiara, visibile indicazione proprio sulla tomba del Papa: lo stemma del Re Salomone.
Affresco della Deposizione di Gesù, Santa Maria ad Criptas di Fossa
Mappa dell'Aquila (a sinistra) e di Gerusalemme (a destra): in blu la Fontana delle 99 Cannelle
La Basilica di S. Maria di Collemaggio
La tomba di Celestino V

lunedì 2 aprile 2012

L'AQUILA TRA DRAMMA E SPERANZA

Vivo a L'Aquila, e, quella notte maledetta del 6 aprile 2009, ero lì ... Stamattina leggendo il "corriere della sera", mi sono imbattuta in questo bellissimo articolo che voglio proporvi...

Il 6 aprile 2009 il sole sorse alle 6 e 45. Nelle tre ore e un quarto di buio assoluto che seguirono il terremoto - i superstiti intravidero solo una colonna di fumo rossastro salire dalla città vecchia -, ognuno si comportò alla sua maniera. Chi si mise freneticamente a scavare. Chi rimase come imbambolato, incapace di reazioni. Chi radunò i figli e partì subito per il mare. Chi non voleva saperne di muoversi da casa. Chi ancora oggi non è tornato (almeno un migliaio), tra cui qualcuno che non risponde neppure più al telefono se vede sul display 0862, il prefisso dell'Aquila. Chi vorrebbe che la sua casa fosse ricostruita dov'era e com'era, anche sulla faglia di Paganica, che i geologi - uno di loro l'ha riconosciuto la scorsa settimana al processo - neppure sapevano esistesse. Quelli (314) che sono ancora in albergo. Quelli che hanno preso il contributo per l'affitto e vivono nella cantina del fratello. Chi ha appeso le chiavi del vecchio appartamento alla transenna sul corso, come i palestinesi all'ingresso dei campi profughi (una scena che ha impressionato David Grossman, lo scrittore israeliano). E chi si è costruito la casa con materiale fai-da-te.
Qualcuno si è lasciato morire. Tra gli anziani l'aumento dei decessi è un dato statistico, fa notare Pierluigi Biondi, sindaco di Villa Sant'Angelo, il secondo comune più colpito. Qualcuno ha cercato una soluzione al di fuori di sé. Tra i giovani, racconta Biondi, è cresciuto il consumo di droghe, alcol, psicofarmaci. Altri hanno semplicemente ricominciato a fumare. Chi ha paura a entrare in un luogo chiuso, chi non prende più l'ascensore. Sono cresciuti anche gli incidenti stradali: prima metà degli aquilani giravano solo a piedi, in un centro storico tra i più vasti d'Italia; ora girano solo in macchina.
Immaginate una città rimasta senza Cattedrale e senza Comune, senza liceo, università, biblioteca, Poste, teatro, senza ristoranti, bar, caffè, pub, pizzerie. E immaginate che tutto questo sia stato duplicato, in forme ovviamente meno belle e più scomode, sul «frontestrada» come si usa dire, in un dedalo di rotonde che da queste parti non si erano ancora viste.
Sono state duplicate anche le case. In 19 mila vivono nelle «new town»: confortevoli, neanche brutte, ma circondate dal nulla, senza una panetteria, una farmacia, una scuola (tranne l'asilo costruito dalla Fiat). Bazzano, Sant'Elia 1, Paganica 1, Paganica 2, Paganica 3: le hanno chiamate come le frazioni, eredi degli antichi castelli che fondarono la città, 99 secondo una tradizione forse inventata (99 è il numero magico dell'Aquila: 99 castelli che in città crearono 99 chiese, 99 piazze, 99 fontane...). L'unico punto di aggregazione è una tenda, con il calciobalilla, il televisore, il distributore di bibite a fare da bar, un tavolo da riunioni che la domenica diventa altare per la messa. Le vie si chiamano Fabrizio de André, Vittorio Gassman, Lucio Battisti.
Sostiene il sindaco Massimo Cialente che il momento peggiore fu all'inizio del 2010. Passata quella notte terribile, gli aquilani seppellirono i loro 309 morti, e non ebbero tempo di rendersi conto d'altro. Vennero qui un po' tutti. Berlusconi, più volte. I cantanti. La Nazionale di calcio. I leader del G8, ognuno con una promessa: la Merkel si impegnò a ricostruire Onna, Sarkozy la chiesa delle Anime Sante, Putin il palazzo Ardinghelli, Obama a sostenere borse di studio per i ragazzi dell'università. I volontari della Protezione civile cucinavano tre volte al giorno, «passavamo il tempo a mangiare» dice Cialente, che è medico e assicura che pure colesterolo e trigliceridi in media sono aumentati. Per costruire le new-town si lavorò giorno e notte, su tre turni. Poi, il 29 gennaio, la Protezione civile si congedò con una festa. «Alla fine del party hanno spento le luci e se ne sono andati - racconta il sindaco -. Il resto del Paese ha creduto che fosse tutto a posto. E noi ci siamo ritrovati soli. Con una città da ricostruire». E i leader del G8? «La Merkel ha fatto quel che aveva promesso. I canadesi e i giapponesi pure. Sarkozy, Putin, Obama? Qui non si è visto nulla. In compenso è arrivato un milione e mezzo dal Kazakhstan».
Ma la colpa non è solo degli altri. Il dissidio subito esploso tra il sindaco di centrosinistra e il commissario di centrodestra - il presidente della Regione Giovanni Chiodi - non ha certo aiutato. Tra 60 ordinanze governative, 80 decreti commissariali, centinaia di circolari, non si è capito più nulla. In tanti hanno presentato il piano di recupero del loro appartamento, ma in pochi hanno badato alle parti comuni. Tutti riconoscono all'abruzzese Gianni Letta di essersi dato da fare; ma i dissidi interni al governo hanno limitato le risorse. Risultato: due anni gettati via. Persino le case lontane dal centro storico, più facili da recuperare, sono ancora lì, con le crepe che ricordano gli affreschi medievali del Cattivo Governo. Ora, finalmente, qualcosa si muove. Il Comune ha approvato il piano per la ricostruzione. In cassa ci sono due miliardi. E c'è un ministro incaricato della questione, Fabrizio Barca. Qualche cantiere è partito, anche nel centro storico.
Il 6 maggio si vota per il nuovo sindaco, e anche questo sarà un elemento di chiarezza. Cialente ha vinto le primarie del centrosinistra. Alcuni tra i comitati spontanei sosteranno Ettore Di Cesare, imprenditore delle nuove tecnologie. Il Pdl è diviso: Alfano è venuto a benedire la candidatura dell'urbanista Pierluigi Properzi, ma in molti appoggiano Giorgio De Matteis, vicepresidente del consiglio regionale. I candidati sono nove, e la frammentazione potrebbe favorire Cialente.
Ma la soluzione non verrà solo dalla politica. I veri segni di speranza sono altri. È la sensazione che, passato il trauma improvviso e la lunga abulia, gli aquilani abbiano rialzato la testa. E stiano lavorando a una ricostruzione non meno importante, quella della comunità, dei rapporti umani, delle relazioni sociali, decisive anche sul piano economico in una città mai stata industriale, a maggior ragione da quando il polo elettronico è andato in crisi. Il Comune ha rilevato l'ex Italtel per farne un'incubatrice di imprese, al momento mezza vuota. Ma per un capoluogo che viveva di università (e di case da affittare agli studenti), di amministrazione, di teatro, di musica, di cultura, è fondamentale ricominciare a studiare, a recitare, a suonare, a parlarsi.
Fuori dal teatro comunale la locandina annuncia ancora lo spettacolo di domenica 5 aprile 2009: «Le invisibili» con Maddalena Crippa, storia di donne pachistane sfigurate con l'acido ma che nonostante tutto riprendono a vivere. Tre giorni dopo sarebbe dovuto arrivare Toni Servillo con «La villeggiatura» di Goldoni. Arrivò davvero, recitò nell'auditorium della Guardia di finanza. Il teatro Comunale è lesionato, la volta del foyer è a pezzi, ma qui gli attori non si sono mai fermati. L'Associazione artisti aquilani ha portato commedie e tragedie sotto i tendoni. Antonella Cocciante - la cugina di Riccardo - ha fondato un'associazione, Animammersa, per recuperare lo spirito nascosto della città, ha raccolto i racconti dei concittadini affidati a Facebook e ne ha tratto un'opera teatrale, recitata nelle new-town; ora per Pasqua si è inventata il festival «Mettiamoci una pezza», e ha ricevuto da tutto il mondo mille pezze colorate che per un giorno rivestiranno le rovine del centro storico. Per l'anniversario del terremoto, che quest'anno coincide con il venerdì santo, ci saranno la processione del Cristo morto e una fiaccolata: i nomi delle vittime saranno letti uno a uno. Quest'estate lo Stabile - diretto da Alessandro Preziosi, l'attore, e animato da Giorgio Iraggi - organizzerà spettacoli sulle piazze di fronte ai teatri distrutti o inagibili, Sant'Agostino e San Filippo. Mentre al Comunale i lavori sono partiti, e dovrebbero finire tra due anni.
Difficile calcolare i tempi per recuperare l'intero centro storico. Il sindaco dice dieci anni, al massimo quindici. Altri fanno notare che in Umbria, dove il sisma è stato meno grave, quindici anni sono già quasi passati, e il recupero degli edifici più lesionati non è neppure a metà. Intanto, all'imbocco del centro dell'Aquila, piazza Regina Margherita è stata riaperta, il giovedì e il sabato sera gli studenti sono tornati. (L'università nel 2009 aveva 27 mila iscritti. Grazie anche alla sospensione delle tasse, ne ha ancora 24 mila, per quanto tutti pendolari). Micael Passayan, madre aquilana e padre di origine armena, aveva un ristorante spagnolo, «Andalucia». L'ha ricostruito in un vecchio capannone dismesso, più colorato e allegro di prima. Fabio Climastone aveva una pizzeria, «La Quintana». Il 5 aprile fece notte con un cameriere, poi tirarono giù le serrande e rientrarono: al cameriere crollò casa davanti agli occhi, tirare tardi l'aveva salvato. Neppure la pizzeria c'era più. Climastone fondò con altri venti piccoli imprenditori un consorzio per la tutela dei prodotti locali, e ora gestisce uno dei ristoranti «Oro Rosso»: una catena che prende il nome dallo zafferano, ha aperto a Rimini e a Riccione, tra poco aprirà a Torino. Davide Stratta aveva un'enoteca in via Garibaldi. L'ha spostata in collina, dove ospita gli amici di «Scherza col cuoco», l'associazione che organizza corsi di cucina abruzzese in primavera e autunno, le «stagioni morte», in cui - lontano dal Natale e dalle ferie - c'è più bisogno di stare insieme. Mentre alla «Cantina del boss», nel parco del castello dov'è in costruzione l'auditorium donato dalla Provincia di Trento e da Renzo Piano, riunisce i suoi soci Matteo Gizzi, un ragazzo di 23 anni che sta creando la Banca di credito cooperativo dell'Aquila, per investire sul territorio una parte dei due miliardi che dormono nei conti correnti.
Certo, le immagini di vitalità svaniscono all'ingresso della zona rossa, vigilata da militari gentilissimi, ma vissuti come un peso dagli aquilani che non possono ancora entrare senza autorizzazione nel proprio quartiere, nelle vie dove sono nati e cresciuti. Il silenzio è assoluto, surreale. Due operai cingalesi dormono su una tavola di legno. Più in là, un gruppo di muratori mangia un panino attorno ad Anna Oxa che canta nel registratore, messo al volume più alto per infondere, se non buonumore, coraggio. Le sole altre anime vive sono i cani randagi, tra cui Pluto, celebre perché non perde una recita né una commemorazione.
I cantieri più avanzati sono quelli delle chiese. Per la ricostruzione il Vaticano ha mandato qui come vescovo ausiliare don Giovanni D'Ercole, uomo del cardinale Bertone: paracadutista, ha pilotato aerei civili, scalato il K2 con Alemanno, corso due volte la maratona di New York. All'Aquila si è beccato una richiesta di rinvio a giudizio per rivelazione di notizie apprese in un interrogatorio, durante l'indagine sui fondi Giovanardi, peraltro mai arrivati. Il 17 aprile il gup deciderà. Nel frattempo sono state restituite al culto San Mario alla Torretta, San Francesco a Pettino, Santa Rita, San Pio X al Torrione, santa Maria di Farfa, oltre alla meravigliosa basilica di Collemaggio, dove una cupola di plastica custodisce le spoglie di Celestino V. Recuperata la splendida facciata quattrocentesca di san Bernardino da Siena, che venne qui a morire, si sta lavorando a quella di San Silvestro, dove le giovani coppie venivano a sposarsi. A luglio sarà riconsacrata San Biagio, grazie alla Fondazione Banca di Roma, mentre il milione e mezzo del Kazakhstan servirà a recuperare San Giuseppino, sede dei Solisti Aquilani, che nell'attesa hanno ripreso a cantare nelle new town.
Appena fuori la zona rossa, il primo rumore che si sente è un misto di musiche, classiche e rap. Viene dalla palestra aperta da due fratelli di 24 e 22 anni, Jacopo e Alessio Scotti, con l'amico di origini iraniane Daryoush Shojaee, 24 anni. Prima del terremoto era un centro benessere. Ora è un punto di aggregazione dove si insegnano danza classica e breakdance.
Un'altra palestra la sta costruendo a Sant'Elia 2 Roberto Nardecchia: arbitro internazionale di basket, costretto a lasciare dopo un arresto cardiaco, nel terremoto ha perso tre allievi della sua scuola di minibasket, e ora ha chiamato il vecchio amico Meneghin per restituire ai superstiti un campo di pallacanestro.
Sono vicende come queste a ricordarci che il dramma e la speranza dell'Aquila ci riguardano, che la storia parla di noi. Perché l'intero Paese, per come l'abbiamo visto e raccontato in questi tre mesi, assomiglia un po' a questa città. Anche l'Italia, come l'Aquila, ha subìto un colpo duro, e talora si è lasciata andare. Anche l'Italia ha davanti a sé un tempo lungo per ricostruirsi, ma ha risorse - a cominciare dai suoi giovani - per farcela. Anche nel momento più duro, sarà bene ricordarsi che c'è anche un Paese che tiene, c'è anche un'Italia che - proprio come l'Aquila - resiste.